giovedì 4 luglio 2019

Kiev IIa Shutter repair





La riparazione dei nastri dell’otturatore delle Kiev II (e quindi anche delle Zeiss Contax II) viene ovunque descritto come particolarmente problematico. In effetti sembra complesso, ma partendo dal principio che è stata progettata e costruita a ‘mano’, cercare di pensare a come il progettista ha ideato i meccanismi e come sono stati fisicamente montati dagli operai di allora, mi ha messo nelle condizioni di rifare le operazioni necessarie senza particolari problemi tecnici.
Ho studiato a fondo molte fonti, e come al solito, alla fine, mi sono dovuto mettere a fare le cose da solo, riassumendole ed integradole.

Ecco le fonti:

  • www3.telus.net/public/rpnchbck/replace%20shutter%20ribbons.html
  • rick_oleson.tripod.com/index-29.html
  • Zeiss Contax Repair Manual – Peter Tooke
  • All You Need to Know About Design and Repair of Russian Cameras – Isaak Maizenberg


Quest'ultimo è il più preciso ed affidabile, ed anche i disegni sono ottimi, inoltre, ed è la parte più interessante, spiega prima come e perchè è costruita la macchina; spiegando poi, ovviamente, le possibilità di guasto.

Ho quindi passato una settimana a tradurlo, sia pur molto male e lentamente, ma la necessità di comprendere ogni passaggio, mi ha messo in grado di fare tutto conoscendo quello che c'è dietro, cosa che gli altri autori non fanno.

Non sto quindi ad elencare i vari passaggi, rimandandovi al Maizenberg stesso, ma faccio alcune osservazioni generali.
  • sapendo come è fatta la macchina, cambiare i nastri è un lavoro semplicissimo da 15 minuti (una volta smontata la macchina)
  • se i materiali sono adatti, tutto funziona alla grande.

Sostituzione nastri
All'interno del rullo inferiore (che è diviso in tre parti - Fig.1 n.21) c'è una molla a spirale che è caricata preventivamente; la carica dell'otturatore tira verso l'alto le tendine e di conseguenza i nastri, svolgendoli dai due piccoli tamburi che costituiscono le parti sx e dx del rullo.
Fig.1

Al momento dello scatto le tendine vengono sganciate dal fermo superiore e le molle, riavvolgendosi nella posizione 'normale', avvolgono i nastri e quindi fanno scendere le tendine.

Messo a nudo l'otturatore, togliendo anche il castello superiore, con l'otturatore in posa 'B', si tolgono i vecchi nastri.
i vecchi nastri 'Arsenal'
vecchio nastro, si vede la molla interna al rullo

Senza i nastri le molle si scaricano naturalmente, ma è meglio liberarle del tutto, agendo sul fermo laterale che blocca/sblocca l'albero interno su cui sono fissate - Fig.2. (questo passaggio non viene citato da nessuno, anzi, il problema della tensione della molla è visto come un problema difficile da risolvere, viene detto da tre degli autori di stare molto attenti alla molla, che se non viene mantenuta tesa, si dovrà 'ricaricare' con complicazioni accessorie.); poiché la macchina è stata montata con le molle ovviamente scariche, non capisco perchè non si possa ripercorrere il processo produttivo; che infatti una volta eseguito appare come semplice e facile.

Fig.2


  • Tolti i vecchi nastri, si preparano quelli nuovi (vedi oltre 'Materiali'). 
  • Poi si cuciono entrambi i nastri sulla piattina ricavata nel corpo dei tamburi inferiori, si fanno passare nelle asole delle tendine inferiori ed alla fine si cuciono sulle tendine superiori.
  • Poi si carica la molla nel rullo inferiore, ruotando 10 volte in senso antiorario il perno apposito; infine si blocca il perno con l'apposita coppiglia (Fig.2). (questo è l'unico momento di attenzione, soprattutto perchè albero e coppiglia sono molto piccoli, e la forza della molla notevole; ma con calma e pazienza si riesce perfettamente a gestire il tutto).
  • Caricato l'otturatore, si prova a far scorrere il tutto. Prima parte la tendina inferiore (vedrete che i nastri si avvolgono sui rulli e poi tirano la tendina), poi i nastri tirano giù anche la tendina superiore, che si aggancia a quella inferiore.
  • Rimontato il tutto (è necessario rimettere il castello per vedere i tempi di scatto, ed il guscio di copertura dell'otturatore perchè fa da guida alle tendine), si fa 'ginnastica'; una scatto su B, uno su 1/1250, uno su B, uno su 1/1250; all'inizio ogni tanto l'otturatore si incastra e le tendine sono flosce, ma man mano che la ginnastica prosegue, le tensioni si sistemano, e tutto va a posto.
cucitura tendina superiore


cucitura tendina superiore
i nastri nuovi cuciti sulla tendina superiore
cucitura inferiore, sul rullo, lato interno


tendina inferiore avvolta, superiore pronta

otturatore completo e pronto, in posizione di scatto



Materiali 
Diverso è il discorso dei materiali.

Ho rifatto due volte il nastro sx e tre quello dx.a) la prima volta avevo seguito le misure precise date dai vari autori (12cm totali, e pieghe a 10,8 cm); il problema è che una volta infilate e piegate, le cuciture, che sono vicinissime alla fine del nastro, ne hanno in pratica aperto la trama.
Quindi ho fatto i nastri molto più abbondanti, ho segnato il punto di piega, e soprattutto ho preparato le estremità con colla cianoacrilica, poi le ho rastremate ed assottigliate (più lunga quella per il tamburo inferiore, circa 1 cm e molto più breve l'altra, circa 4 mm). Fig. 3 Fig. 4

Così è stato facilissimo infilare una sottile lamina rigida nelle piccole fessure previste.Una volta cucito, ho tagliato via il surplus. Fig. 5

Mi raccomando, sotto NON incollate i lembi piegati; al massimo mettete una microgoccia (meno di una capocchia di spillo), fra i lembi ripiegati e 'premete' forte con una pinzetta, in modo da assottigliare il più possibile il punto di sovrapposizione.

Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5

Il nastro di dx si bloccava a metà corsa nel punto dell'asola della tendina inferiore.
Dopo parecchio tempo, ho scoperto che i nastri hanno un diritto ed un rovescio, ovvero le 'C' laterali formate del disegno della trama, anche se in modo quasi invisibile, si piegano verso una faccia del nastro; così da avere in pratica un nastro ad 'U'.
i bordi della 'U' vanno all'esterno dell'asola; in pratica contro la tendina deve scorrere la schiena 'curva' della 'U'. fine della pratica.





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venerdì 31 maggio 2019

Al contrario di altri formati, il sistema Rapid è facilmente utilizzabile anche oggi.
Nato in casa Agfa (riesumando il sistema Karat anteguerra) per rispondere (alla tedesca, ovvero con precisione e ottimi risultati, ma con costi alti e quindi diffusione limitata) ai caricatori 126 Kodak, aveva l'indubbio vantaggio (per noi) di utilizzare pellicola 135 del tutto normale.
Oltre alle macchinette Agfa pari alle Instamatic, ovvero senza alcun controllo, furono fatte negli anni '60 diverse macchine interessanti anche da altre case (anche perchè, al contrario di Kodak, Agfa non chiedeva royalties per l'uso del suo sistema).
Esistevano formati 18x24, 24x24 e 24x36 Canon, Minolta, Voigtlander, Dacora, Regula, Bencini, Smena, Pentacon e parecchie altre. Le pellicole venivano prodotte, oltre che da Agfa, anche da Perutz, Ilford e Ferrania, oltre a ORWO per il blocco orientale (definite SL).

L'unico problema, oggi, è reperire i caricatori vuoti, che vengono costantemente riutilizzati, poichè la pellicola passa dal quello pieno a quello vuoto; ma anche questo è un problema relativo, di solito nelle macchine in vendita vi è almeno un caricatore vuoto (anzi ci DEVE essere, altrimenti la macchina è incompleta e quindi di minor valore), sulla baya si trovano caricatori singoli (anche se a volte a prezzi disumani) e sui mercatini si possono recuperare macchine scassate con dentro il loro caricatore a pochi euro). Per chiarire: per iniziare ci vogliono quindi almeno 2 caricatori (uno vuoto ed uno pieno); per fare diverse sedute, o sviluppate immediatamente, o vi procurate altri caricatori vuoti.

La pellicola contenuta nel caricatore è lunga 60cm, sufficiente alle 12 pose standard per il 24x36 (o più per i formati inferiori); metraggi più lunghi rischiano di incastrarla all'interno del caricatore (che non si può aprire senza distruggerlo) bloccando le mollette interne; inoltre il contapose si blocca.

All'inizio ho provato a tagliare spezzoni di pellicola ed a inserirli a mano nel caricatore, ma ho trovato subito due problemi: la misurazione dello spezzone al buio, che mi costringeva comunque a srotolarlo tutto; e l'inserimento che è lungo e difficoltoso.
Rischi (anzi certezze): righe, graffi ed accartocciamenti.

Ho quindi deciso di risolvere, realizzando una bobinatrice.

1) procuratevi una Agfa ISO del più infimo livello, possibilmente rotta (la mia l'ho trovata su di un mercatino a ben 1 euro, compresi 2 caricatori vuoti)
2) togliete l'inutile (obbiettivo e otturatore) e chiudete il buco incollando un bel pezzo di plastica nera (io ho usato il retro della confezione di un CD)
3) mantenete il sistema di caricamento della pellicola in tutte le sue parti, comprese le levettine varie che devono essere premute del dorso della macchina, non toglietele , altrimenti i meccanismi di ricarica non funzionano (probabilmente smontando il tutto si potrebbe togliere qualcosa, ma mi sembrava del tutto inutile cercare di capire come funziona...)
4) aprite una fessura rettangolare, lunga e stretta, nel battente laterale del dorso. Nel guardare la macchina vi rendere conto che il battente resta esattamente a livello della pellicola sul piano focale.
5) collegate, dall'esterno, una normale bobinatrice con un raccordo alla fessura. io ho deciso di fare un raccordo reversibile, in modo sia da recuperare eventualmente la bobinatrice, ma soprattutto per poter attaccare qualsiasi bobinatrice carica che ho sottomano, con svariati tipi di pellicola. Ho usato una busta in plastica nera di una 'bulk' ed ho in pratica fatto un tubo morbido, fissandolo sia alla bobinatrice che alla macchina con nastro isolante nero.
6) inserita la pellicola nella bobinatrice fatene sporgere una coda fuori del 'tubo' dentro la macchina.
7) sagomate la coda in maniera opportuna (come da foto), altrimenti si incastrerà. Scrivete sulla coda il tipo di pellicola e la sigla EXP per 'esposta'. Questa coda sporgerà del caricatore una volta utilizzato e senza scritte non si riuscirà più a capire cosa è (questo accorgimento era ovviamente usato da Agfa...)
8) inserite un caricatore vuoto nell'alloggiamento apposito (appunto quello per il caricatore vuoto, opposto al lato della pellicola)
9) chiudete il dorso e cominciate a 'caricare' ruotando la rotella della macchina. Con una Agfa Isomat 25/26 'cariche' sono sufficienti. Tenete conto che, poichè la rotella sporge poco, in realtà ogni 'carica' fatta con il pollice, corrisponde ad una rotazione di circa 1/3 della rotella e quindi dell'albero con le ruotine dentate che fa avanezare la pellicola.
10) fatto il tutto aprite la macchina, tagliate la pellicola, sagomatela e scrivete il tipo.


I caricatori Rapid venivano prodotti da Agfa, Ilford, Perutz, Ferrania con la coda a sagoma stondata indicata nell'ultima foto. Al di là del muro, nella DDR la ORWO (unica produttrice di caricatori in formato adatto, chiamato SL, di tutto il blocco sovietico), per le macchine rapid d'oltrecortina, utilizzava caricatori più spartani, in plastica e senza segnalazione degli ASA (che comunque funzionano anche nelle macchine occidentali) sagomando la pellicola in modo diverso, ma comunque efficiente.
Poichè tale sagoma è più facile da realizzare a mano con la forbice, ormai utilizzo solo quest'ultima.

Ecco alcune foto:


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mercoledì 15 maggio 2019

Minolta SR1 (c)

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