mercoledì 6 agosto 2014

Kodak Brownie flash B - 1950


Le Kodak Brownie nascono nel 1900 come macchine semplici, secondo la filosofia di Kodak (voi scattate ed al resto pensiamo noi), ed addirittura pubblicizzate come 'easily operated by any school boy or girl'; ed utilizzano la prima pellicola in film di Kodak, che vuole offrire un sostituto alle lastre in vetro, per ampliare il mercato dei fotografi dilettanti.

Sono una semplice scatoletta di metallo (da cui Box Camera, nome con cui il 'tipo' di macchina è conosciuta ancora oggi), con una lente frontale a menisco (di circa 100mm) che proietta l'immagine sulla pellicola in formato 117, sistemata posteriormente, sulla quale ottengono 6 scatti 6x6 cm. Hanno un semplice otturatore a lamella, con un tempo intorno al 50esimo di secondo, diaframma f:11 e messa a fuoco fissa (da 2mt. in poi).
Viene subito affiancata dalla versione con pellicola 120 standard, che dà 8 scatti 6x9 cm e rimane praticamente invariata sino agli anni '30.

Nel frattempo i vari concorrenti americani ed europei sviluppano macchine praticamente identiche, salvo: Agfa, che con le Agfa-Box ripete lo schema Brownie, ma con maggiore robustezza ed un menisco più luminoso (f:9.5) e Zeiss, che con le Box Tengor surclassa Kodak introducendo, come suo solito, una box-camera dalla tecnica raffinata ed all'avanguardia con blocco contro le doppie esposizioni, mirini ampi e luminosi, 3 diaframmi, messa a fuoco a zone (con utilizzo di lenti addizionali interne) e filtro giallo interno, nonché con un buon 'tripletto' prodotto dalla consociata Goertz.

Nel corso degli anni '30 Kodak, per far fronte ai concorrenti, introduce un pesante (e bellissimo) restiling estetico, dovuto alla forte influenza della corrente architettoniche-artistica del modernismo 'aerodinamico' (streamlined) su tutti i prodotti americani (dai grattacieli, alle auto, agli orologi), ma soprattutto aggiunge l'utilizzo della pellicola 620 (sempre per 8 fotogrammi 6x9).
Tale formato è identico al 120, per ciò che riguarda il film, mentre si diversifica per il rocchetto, che è leggermente più corto, con i dischetti laterali più piccoli e soprattutto con i fori di trascinamento molto più piccoli.
Tutto ciò per rendere incompatibili le macchine dei concorrenti con le nuove pellicole sviluppate per il 620, ma soprattutto le proprie macchine con le pellicole dei concorrenti, obbligando così i propri clienti a rimanere per forza in casa Kodak (cosa che ripeterà con i sistemi 126 Instamatic e 110).

Nel corso degli anni a cavallo del 1950 vengono introdotte diverse Brownie, con forme inusuali, con visori a pozzetto, flash incorporati e colorazioni tipiche della 'space age' che stava nascendo.
Finalmente anche la Brownie classica si adegua ed introduce (come le concorrenti Zeiss di 15 anni prima) mirini più ampi, diversi tempi di otturazione, messa a fuoco con lenti addizionali e filtri interni.
Rimane così, con diverse livree, fino al 1963, anno in cui viene sostituita dalla Instamatic.




Questa Brownie è stata costruita dalla Kodak inglese, nel corso dei primi anni '50, ed incarna perfettamente tutto quanto già scritto.
Mi affascina soprattutto la livrea inconsueta (almeno per l'Italia) così poco macchina fotografica; strutturalmente è stata ben realizzata, perchè ancora oggi, ad ormai 60 anni di distanza, non ha cedimenti ne tracce di ruggine (l'interno è perfetto, senza nemmeno una piccola presenza di polvere); i due specchietti che permettono di inquadrare l'immagine sono stati solo ripuliti e brillano come nuovi, la bontà del rivestimento in pelle è visibile perfino dalle foto.
La qualità dei materiali era senz'altro superlativa (nonostante fosse la macchina destinata al pubblico più incompetente nella già scarsa fascia dei clienti cui si rivolgeva Kodak).

L'otturatore è costituito da un meccanismo a molla che fa ruotare a scatto una lama traforata. I due tempi indicati sul comando dell'otturatore (1/40 e 1/80) sono un po' approssimativi e sono determinati dalla forza di richiamo della molla.
Come in molti modelli di quest'epoca (salvo la già citata Zeiss), l'otturatore non ha alcuna sicura: può essere premuto in qualsiasi momento, rischiando di "bruciare" il fotogramma; ma permettendo doppie esposizioni 'creative'.

Il diaframma è fisso (forse un 11, ma non vi è traccia in nessuna documentazione), essendo costituito da un semplice foro circolare nel lamierino.
Quindi in teoria ci sarebbero solo due coppie di esposizione tempo/diaframma, ma utilizzando il filtro giallo interno (che ruba un paio di stop) si possono raddoppiare le stesse (soprattutto per l'uso con pellicole rapide).
Sull'esterno del corpo, accanto al pulsante di scatto, e dei comandi per il filtro e la lente addizionale, è stata applicata una griglia di riferimento per le esposizioni con i vari tipi di pellicola Kodak (similmente alle Rolleiflex...)
Da essa si può vedere come già fossero in uso Tri-X (400 ASA) Verichrome Pan (125 ASA) e Pan-X (50 ASA) e come l'uso di tempo + filtro fosse già previsto dalla Kodak stessa.

L'obiettivo è il più semplice in assoluto, essendo costituito da un'unica lente, con messa a fuoco fissa sull'infinito; tuttavia è possibile riprendere soggetti più vicini con l'inserimento di una lente addizionale dietro l'obbiettivo.

Per inquadrare i soggetti esistono due "mirini", uno per quando si impugna la macchina per inquadrature orizzontali e uno per quelle verticali. L'immagine appare rovescia, come in tutte le macchine a pozzetto, e deve essere osservata ad una certa distanza, pena il non vedere tutta la scena.
Usandola ci si accorge che è stata costruita per essere utilizzata all'altezza della cintura; infatti è il punto in cui i mirini sono luminosissimi e l'immagine perfetta (salvo che siate in pieno sole, posizione in cui gli specchi sono più bui delle compatte digitali in pari condizioni).

La pellicola viene fatta avanzare con una semplice rotella, che si incastra con una certa difficoltà direttamente nel rullo. Come in molte macchine medio formato di fascia bassa, non esiste un "fine corsa": bisogna fermarsi al momento giusto, controllando il numero del fotogramma stampato sulla carta che protegge il lato posteriore della pellicola, e che appare da un'apposita finestrella sul dorso, chiusa da un vetrino rosso.

I risultati non sono eclatanti, ma più che accettabili, se si tiene conto che il destino delle foto scattate con la Brownie era di essere stampate a contatto, e che al momento della nascita della macchina una foto 6x9 cm, era già molto grande; e che personalmente le prime fotografie 9x12 a colori le ho ritirate negli anni '70 (io stampavo in BN 10x15cm le istantanee di famiglia e sembravano a tutti inutilmente enormi...)

E' una macchina semplice, ma (almeno per me) complicata da usare, qui il ragionamento su tempi, esposizione, inquadratura, attenzione al momento dello scatto ecc. sono davvero massime; il rischio è il mosso, lo sfocato, e la sotto/sovraesposizione; cioè tutto il possibile separato ed insieme.

Però è divertente, bellissima, si scatta davvero con una scatoletta, e nessuno si immagina che quella sia una macchina fotografica....






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