sabato 2 agosto 2014


Questo è uno dei primissimi esemplari della Duo Serie I, infatti si può notare la presenza delle decorazioni art-déco anche su i due occhielli posteriori, che sono chiusi da due opercoli separati e decorati; già nei modelli successivi, sempre della serie I, la chiusura è assicurata da una semplice lama cromata su di una slitta interna.





E’ stato il modello più economico di tutta la serie, caratterizzato dall’otturatore Pronto (Deckel), con solo tre tempi di posa, più B e T, la cui rotella di comando è ancora posizionata sopra il corpo dell’otturatore stesso; da notare che ha l’autoscatto (tuttora funzionante) contrariamente ai successivi modelli più costosi; in questa macchina la levetta originale deve essere andata persa (cosa che doveva essere facile, visto che, come la leva di scatto, è fissata da una semplice vite molto esposta) ed è stata sostituita con una levetta lavorata a mano.
Come tutta la Serie I, il pulsante di scatto è ancora sull’otturatore, che deve essere ricaricato ogni volta. Tuttavia nel Pronto le molle dello scatto non vengono pre-caricate; è direttamente il movimento della leva che prima carica le molle e poi sgancia il dente che le fa scattare (e quindi aprire e chiudere le 3 lamelle).

Nonostante l’età il sistema funziona perfettamente ed i tempi (ad orecchio) sono nettamente diversi uno dall’altro, e probabilmente abbastanza corretti; il difetto risiede in un lieve ritardo allo scatto (nel senso di una lunga corsa della leva per caricare e scattare) e soprattutto, vista la posizione avanzata rispetto al corpo macchina (ovviamente a 7,5cm dal piano della pellicola) il rischio di mosso, dovuto alla spinta verso il basso per caricare-scattare, è sempre presente.

Per fortuna il meccanismo di scatto per il cavetto flessibile funziona anch’esso, o con il flessibile o con un accessorio dell’epoca, che era in pratica un pulsante vero e proprio da avvitare sulla sede apposita (sul tipo di quelli ‘morbidi’, molto in voga per la Nikon F negli anni ’70); in questo caso la spinta, perpendicolare al percorso della luce e diretta verso centro dell’ottica, riduce il rischio di movimento.
L’obbiettivo è il Kodak Anastigmat (Schneider Radionar) 7,5cm nella versione f:4,5, un tripletto di Cooke non trattato (vista l’epoca), abbastanza morbido fino ad f:8, ma che diventa davvero ottimo a diaframmi più chiusi (non a caso arriva fino ad f:32).


La messa a fuoco si realizza con la rotazione della lente anteriore, che ha la scala delle distanze (in ‘piedi’) sul bordo esterno del barilotto, in posizione facile da vedere, ma che diventa invisibile se si monta un paraluce od un filtro (che purtroppo sono indispensabili), visto che , non essendo presente una filettatura davanti alla lente, si deve ricorrere a montature ‘push-fit’.

L’estrazione e la chiusura del gruppo diaframma/ottica sono abbastanza semplici ed intuitive, ma ‘pericolose’; infatti la molla che fa aprire lo sportellino anteriore ed estrae l’ottica fino alla posizione di scatto è , ancora oggi, così ‘ben funzionante’, da essere violenta, e se la fotocamera non è più che ben impugnata, sfugge dalle mani (infatti nei consigli per i neofiti, tutti i club di appassionati, suggeriscono di accompagnare l’apertura dello sportello con la mano, frenando la molla).
Al contrario la chiusura, deve essere fatta con due mani, sbloccando entrambe le leve laterali allo sportello e forzando al contrario la suddetta molla per richiudere; anche in questo caso l’uso di entrambe le mani e la forza della molla, provocano, in caso di disattenzione, cadute rovinose; il tutto, purtroppo, è aggravato dal fatto che non esistono occhielli per una tracolla, che funga da assicurazione contro le cadute accidentali.

Per una messa a fuoco corretta è necessario l’uso di un telemetro esterno, poiché l’obbiettivo, che è si un normale per il formato, è pur sempre un 75mm, e quindi di difficile gestione (soprattutto per chi, come me, è ormai abituato all’uso continuo dei grandangoli); è quindi particolarmente utile, la scala di riferimento delle profondità di campo, caratteristica di tutte le Serie (e di tutte le Kodak-Nagel).


Le dimensioni sono ridotte (solo un paio di cm più alta di una Sony NEX e, con l’ottica chiusa, molto più sottile); si impugna abbastanza bene e, salvo il problema dello scatto sul bordo anteriore dell’ottica, non ha difficoltà; il peso, sostenuto anche se non eccessivo, aiuta molto nel tenerla ferma e l’otturatore centrale, silenziosissimo fa la sua parte. Insieme alla macchina, mi è arrivato questo fantastico filtro dell'epoca (con un sistema di fissaggio a molla complicato e che rovina la ghiera dell'ottica); come si può vedere è metà giallo e metà trasparente, probabilmente per scurire solo il cielo e quindi equilibrare le foto 'panoramiche' dei viaggi dell'epoca.



Come in tutte le folding lo smontaggio per la pulizia non sono particolarmente complessi e si limitano (nelle macchine in condizioni accettabili) agli accessori posti sulla plancia superiore, mentre il gruppo soffietto/meccanismo di apertura, e l'obbiettivo/otturatore sono da spolverare e trattare con detersione con spray per circuiti elettronici 'secco'.







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