Kuribayashi Shashin Kogyo KK - Petri Camera Co.
Kuribayashi (che significa ‘boschetto delle ghiande’)
è stata uno dei primi produttori giapponesi di attrezzature fotografiche;
fondata nel 1907, produsse macchine di vario tipo fino al 1977.
I primi modelli furono delle macchine a soffietto con
visore a pozzetto, sullo stile dei modelli inglesi; nel corso degli anni trenta
introdusse una serie di folding tradizionali ed iniziò a collaborare con la
società distributrice Minagawa, utilizzando il marchio ‘First Camera’ di
quest’ultima.
In particolare, fra il 1937 e la fine della seconda
guerra mondiale produsse la ‘First reflex’, una biottica sulla scia della
Rolleiflex, che ebbe discreti risultati di vendita in Giappone; ma nel 1949 la
KK Kuribayashi Shashin Kikai Seisakusho, che aveva sede a Chiyoda (Tokyo), a
seguito del mancato rinnovo della collaborazione con Minagawa, fu costretta a
cambiare il marchio dei propri prodotti e scelse i nomi Karoron e Petri.
Nel 1956 diventa Kuribayashi Shashin Kogyo KK, ed
infine, nel 1962 anche la società stessa assume la denominazione del suo
marchio più conosciuto, diventando Petri Camera KK.
Nei primi anni cinquanta continua la produzione della
biottica, sotto il nome di Petriflex, ed inizia a studiare sia una 35mm a
telemetro (Petri 35) che vedrà la luce nel 1954, sia una reflex che uscirà nel
1959 (Petri Flex, poi Petri Penta).
Il periodo post-bellico fu un buon momento per i
produttori di fotocamere giapponesi; l'occupazione americana era finita nel
1952 ed uno degli effetti collaterali della sconfitta della Germania era che
tutti i brevetti e le innovazioni tedesche erano di pubblico dominio. Inoltre,
il settore delle macchine fotografiche tedesche era ancora nel caos, con le
fabbriche in parte distrutte e divise fra la Germania est e quella occidentale.
Al contrario in Giappone tutte le fabbriche erano
intatte ed il mercato americano (tradizionalmente legato ai prodotti tedeschi)
era totalmente disponibili alla macchine fotografiche giapponesi.
Nel breve periodo dal 1950 alla metà degli anni 1970,
vi erano molte piccole imprese giapponesi che producevano apparecchiature di
qualità, anche con e soluzioni tecniche di avanguardia (Petri, Miranda, Topcon,
Tower, Nicca), ma l’uscita della Leica M3 nel 1955, che spinse Canon e Nikon ad
abbandonare le loro linee a telemetro in favore delle reflex, distrusse pian
piano le aziende più piccole, che non potevano tenere il passo dei costi di
innovazione sino alla produzione di massa.
Petri introdusse ottime macchine sia a telemetro
(Petri 7, Petri Computor) che reflex (Petri FT ed EE), man mano aggiornate alle
nuove tecnologie, sino a produrre la Petri Color 35 nel 1968, che era ispirata
alla Rollei 35, risultandone alla fine una versione più piccola e molto
migliorata, ma purtroppo di minor diffusione.
La qualità della produzione Petri era così alta, che
in Giappone si riconoscevano i suoi prodotti all’altezza di Nikon, ma ad un
terzo del prezzo.
Tale caratteristica la portò negli anni ’70, per
mantenersi in vita, a produrre anche per altri marchi, quali Exakta (Ihagee
West), Porst, Carena, Vivitar e la stessa Nikon, purtroppo ciò non fu
sufficiente, e nel 1977 la società dichiarò fallimento.
Petri 1.9 Color Corrected Super (1958-1961)
Questa macchina è l’ultima versione della prima serie
a telemetro di Petri (allora ancora Kuribayashi) che iniziò nel 1955 e man
mano, con successivi miglioramenti, arrivò sino al 1961 sia nella versione
f:2.8 che f:1.9, per lasciare il posto alle Petri 7, con esposimetro
incorporato ed accoppiato.
E 'stata una macchina fotografica molto popolare, con
oltre 10.000 esemplari prodotti ogni mese per tre anni di produzione.
Caratteristiche tecniche
- Formato 135mm, leva di carica rapida, riavvolgimento rapido, contafotogrammi automatico e ghiera per la memoria della pellicola inserita.
- Telemetro accoppiato con correzione automatica
dell’errore di parallasse. Il vetrino verde che copre la finestrella del
telemetro e della cornice per la parallasse la fece definire ‘Green O Matic’,
nome che venne poi utilizzato anche per le Petri7.
Nelle prime versioni tale vetrino non esisteva, mentre
in quella immediatamente precedente era molto più piccolo e senza la cornice
nera; probabilmente il restiling fu dovuto al desiderio di farla somigliare
alla più blasonata Nikon SP.
- Obbiettivo fisso Petri Orrikor 45mm/1.9, 6 lenti in 4
gruppi con schema Planar, nelle precedenti versioni a lenti bianche, mentre
nelle ultime due MC, ovvero multicoating (al nome della fotocamera venne
infatti aggiunta la dizione Color Corrected Super). – Il 45mm/2.8 della sorella
gemella era un 4 lenti in 3 gruppi con schema Tessar (in entrambe la scala
delle distanze è in feet e non in mt, dimostrazione che erano destinate al
mercato americano; peraltro questa sulla slitta portaflash reca impresso il
logo EP, marchio per i prodotti esentasse, destinati alla vendita negli spacci
dell' US Army).
Esteticamente è, a mio giudizio, una macchina
splendida, anche se abbastanza pesante (circa 700 grammi), impugnata da la
sensazione di solidità e precisione.
Le proporzioni sono perfette e il design generale,
l’accoppiamento del nero della pelle, la cromatura satinata ed alcune parti
lucide rendono perfettamente il ‘way of life’ americano di quegli anni.
I colori delle ghiere e dei numeri, diversi per le
varie funzioni, con le indicazioni per l’infrarosso, i comandi del commutatore
flash e dell’autoscatto, sono facilmente utilizzabili e realizzati con una
perfezione ‘tedesca’.
Il mirino è luminoso ed il riquadro del telemetro ben
visibile, senza tuttavia disturbare l’inquadratura, che ovviamente è più ampia
del fotogramma, riportato con la cornice vivida ad angoli arrotondati, che si
sposta automaticamente per la correzione dell’errore di parallasse (è simile al
mirino della Voigtlander Vito CLS e senz’altro migliore di quello della mia
Nikon S2).
L’ottica ha la prima lente convessa, ma protetta dalla
ghiera porta filtri, ed il pomello per la messa a fuoco si trova naturalmente sotto
al pollice sinistro (con un’impugnatura corretta).
La messa a fuoco è morbida, ma senza eccedere e
sufficientemente demoltiplicata.
Inoltre possiede piccoli particolari di eccellenza,
che dimostrano la cura progettuale e costruttiva:
- la leva di carica ha una frizione al momento del
ritorno, che la rallenta nella prima parte della corsa e la rilascia solo
nell’ultimo centimetro, così da non farla sbattere contro il collare del
contafotogrammi, e la lascia in posizione leggermente aperta per la successiva
ricarica.
- il dorso, che si apre con il classico dentino
inferiore laterale, ha una ‘sporgenza’ che permette di aprirlo con l’unghia,
senza il rischio di deformarlo.
- nel contafotogrammi automatico è inserita una doppia
freccia per la memorizzazione della pellicola inserita, sia a colori che BN,
che non ha nemmeno la Nikon F.
In conclusione è una macchina bella e piacevole, con
un ottica di tutto rispetto, abbastanza luminosa da essere usata (in accoppiata
all’otturatore centrale silenziosissimo) per fotografare a lume di candela.
alcuni links con foto molto migliori:
www.asahi-net.or.jp/~rd2h-ari/PE_35F192.htm
http://perry48603.pixnet.net/blog/post/24258279
www.collection-appareils.fr/Petri/html/petri_19_Super.php
www.camerapedia.org/wiki/Petri
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