Le Kodak Brownie nascono nel 1900 come
macchine semplici, secondo la filosofia di Kodak (voi scattate ed al
resto pensiamo noi), ed addirittura pubblicizzate come 'easily
operated by any school boy or girl'; ed utilizzano la prima pellicola
in film di Kodak, che vuole offrire un sostituto alle lastre in
vetro, per ampliare il mercato dei fotografi dilettanti.
Sono una semplice scatoletta di metallo
(da cui Box Camera, nome con cui il 'tipo' di macchina è conosciuta
ancora oggi), con una lente frontale a menisco (di circa 100mm) che
proietta l'immagine sulla pellicola in formato 117, sistemata
posteriormente, sulla quale ottengono 6 scatti 6x6 cm. Hanno un
semplice otturatore a lamella, con un tempo intorno al 50esimo di
secondo, diaframma f:11 e messa a fuoco fissa (da 2mt. in poi).
Viene subito affiancata dalla versione
con pellicola 120 standard, che dà 8 scatti 6x9 cm e rimane
praticamente invariata sino agli anni '30.
Nel frattempo i vari concorrenti
americani ed europei sviluppano macchine praticamente identiche,
salvo: Agfa, che con le Agfa-Box ripete lo schema Brownie, ma con
maggiore robustezza ed un menisco più luminoso (f:9.5) e Zeiss, che
con le Box Tengor surclassa Kodak introducendo, come suo solito, una
box-camera dalla tecnica raffinata ed all'avanguardia con blocco
contro le doppie esposizioni, mirini ampi e luminosi, 3 diaframmi,
messa a fuoco a zone (con utilizzo di lenti addizionali interne) e
filtro giallo interno, nonché con un buon 'tripletto' prodotto dalla
consociata Goertz.
Nel corso degli anni '30 Kodak, per far
fronte ai concorrenti, introduce un pesante (e bellissimo) restiling
estetico, dovuto alla forte influenza della corrente
architettoniche-artistica del modernismo 'aerodinamico' (streamlined)
su tutti i prodotti americani (dai grattacieli, alle auto, agli
orologi), ma soprattutto aggiunge l'utilizzo della pellicola 620
(sempre per 8 fotogrammi 6x9).
Tale formato è identico al 120, per
ciò che riguarda il film, mentre si diversifica per il rocchetto,
che è leggermente più corto, con i dischetti laterali più piccoli
e soprattutto con i fori di trascinamento molto più piccoli.
Tutto ciò per rendere incompatibili le
macchine dei concorrenti con le nuove pellicole sviluppate per il
620, ma soprattutto le proprie macchine con le pellicole dei
concorrenti, obbligando così i propri clienti a rimanere per forza
in casa Kodak (cosa che ripeterà con i sistemi 126 Instamatic e
110).
Nel corso degli anni a cavallo del 1950
vengono introdotte diverse Brownie, con forme inusuali, con visori a
pozzetto, flash incorporati e colorazioni tipiche della 'space age'
che stava nascendo.
Finalmente anche la Brownie classica si
adegua ed introduce (come le concorrenti Zeiss di 15 anni prima)
mirini più ampi, diversi tempi di otturazione, messa a fuoco con
lenti addizionali e filtri interni.
Rimane così, con diverse livree, fino
al 1963, anno in cui viene sostituita dalla Instamatic.
Questa Brownie è stata costruita dalla
Kodak inglese, nel corso dei primi anni '50, ed incarna perfettamente
tutto quanto già scritto.
Mi affascina soprattutto la livrea
inconsueta (almeno per l'Italia) così poco macchina fotografica;
strutturalmente è stata ben realizzata, perchè ancora oggi, ad
ormai 60 anni di distanza, non ha cedimenti ne tracce di ruggine
(l'interno è perfetto, senza nemmeno una piccola presenza di
polvere); i due specchietti che permettono di inquadrare l'immagine
sono stati solo ripuliti e brillano come nuovi, la bontà del
rivestimento in pelle è visibile perfino dalle foto.
La qualità dei materiali era
senz'altro superlativa (nonostante fosse la macchina destinata al
pubblico più incompetente nella già scarsa fascia dei clienti cui
si rivolgeva Kodak).
L'otturatore è costituito da un
meccanismo a molla che fa ruotare a scatto una lama traforata. I due
tempi indicati sul comando dell'otturatore (1/40 e 1/80) sono un po'
approssimativi e sono determinati dalla forza di richiamo della
molla.
Come in molti modelli di quest'epoca
(salvo la già citata Zeiss), l'otturatore non ha alcuna sicura: può
essere premuto in qualsiasi momento, rischiando di "bruciare"
il fotogramma; ma permettendo doppie esposizioni 'creative'.
Il diaframma è fisso (forse un 11, ma
non vi è traccia in nessuna documentazione), essendo costituito da
un semplice foro circolare nel lamierino.
Quindi in teoria ci sarebbero solo due
coppie di esposizione tempo/diaframma, ma utilizzando il filtro
giallo interno (che ruba un paio di stop) si possono raddoppiare le
stesse (soprattutto per l'uso con pellicole rapide).
Sull'esterno del corpo, accanto al
pulsante di scatto, e dei comandi per il filtro e la lente
addizionale, è stata applicata una griglia di riferimento per le
esposizioni con i vari tipi di pellicola Kodak (similmente alle
Rolleiflex...)
Da essa si può vedere come già
fossero in uso Tri-X (400 ASA) Verichrome Pan (125 ASA) e Pan-X (50
ASA) e come l'uso di tempo + filtro fosse già previsto dalla Kodak
stessa.
L'obiettivo è il più semplice in
assoluto, essendo costituito da un'unica lente, con messa a fuoco
fissa sull'infinito; tuttavia è possibile riprendere soggetti più
vicini con l'inserimento di una lente addizionale dietro
l'obbiettivo.
Per inquadrare i soggetti esistono due
"mirini", uno per quando si impugna la macchina per
inquadrature orizzontali e uno per quelle verticali. L'immagine
appare rovescia, come in tutte le macchine a pozzetto, e deve essere
osservata ad una certa distanza, pena il non vedere tutta la scena.
Usandola ci si accorge che è stata
costruita per essere utilizzata all'altezza della cintura; infatti è
il punto in cui i mirini sono luminosissimi e l'immagine perfetta
(salvo che siate in pieno sole, posizione in cui gli specchi sono più
bui delle compatte digitali in pari condizioni).
La pellicola viene fatta avanzare con
una semplice rotella, che si incastra con una certa difficoltà
direttamente nel rullo. Come in molte macchine medio formato di
fascia bassa, non esiste un "fine corsa": bisogna fermarsi
al momento giusto, controllando il numero del fotogramma stampato
sulla carta che protegge il lato posteriore della pellicola, e che
appare da un'apposita finestrella sul dorso, chiusa da un vetrino
rosso.
I risultati non sono eclatanti, ma più
che accettabili, se si tiene conto che il destino delle foto scattate
con la Brownie era di essere stampate a contatto, e che al momento
della nascita della macchina una foto 6x9 cm, era già molto grande;
e che personalmente le prime fotografie 9x12 a colori le ho ritirate
negli anni '70 (io stampavo in BN 10x15cm le istantanee di famiglia e
sembravano a tutti inutilmente enormi...)
E' una macchina semplice, ma (almeno
per me) complicata da usare, qui il ragionamento su tempi,
esposizione, inquadratura, attenzione al momento dello scatto ecc.
sono davvero massime; il rischio è il mosso, lo sfocato, e la
sotto/sovraesposizione; cioè tutto il possibile separato ed insieme.
Però è divertente, bellissima, si
scatta davvero con una scatoletta, e nessuno si immagina che quella
sia una macchina fotografica....
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